Una riflessione a più voci nata da un confronto interno all’equipe del Centro di Psicologia Mera-Gorini (con la dott.ssa Stefania Pozzi, il dott. Giulio Corrado e la dott.ssa Camilla Donati)
Quando una coppia decide di iniziare una terapia, spesso si affaccia al primo colloquio con aspettative molto alte. Talvolta, cerca una “soluzione magica”, una risposta definitiva, un verdetto. Altre volte arriva con un’urgenza silenziosa, difficile da nominare. Da questo punto di vista, la terapia di coppia non è uno spazio neutro o neutrale: è un campo emotivamente denso, che smuove, attiva e sfida.
Abbiamo voluto riflettere su questo tema partendo da una domanda semplice ma cruciale: quando ha senso iniziare un percorso di coppia? E quando invece è opportuno fermarsi a valutare meglio?
Ci siamo confrontati tra colleghi del Centro in un lungo brainstorming, in cui abbiamo condiviso osservazioni cliniche, dubbi, esperienze. Da approcci diversi (sistemico, narrativo, transazionale), è emerso un filo comune: la terapia di coppia non è per tutti e non è sempre il momento giusto. Ma proprio per questo, può diventare uno spazio potentissimo.
Una stanza piena di emozioni
Fare terapia di coppia significa stare in uno spazio dove le dinamiche vengono vissute in tempo reale. Le tensioni si sentono, si vedono, si agiscono. Non c’è solo il racconto di ciò che è accaduto: c’è l’accadere, qui e ora. Questo attiva forti emozioni anche nei terapeuti, che possono rischiare di essere tirati dentro nei ruoli della coppia.
Come è stato detto nel nostro confronto: “Nell’individuale puoi avere attivazioni, ma nella coppia sei dentro. Due esseri umani in relazione, che si attivano a vicenda… e anche tu sei lì, a tua volta attivato.”
Il campo si fa carico di tensioni forti: accuse, attacchi, silenzi, inviti a schierarsi. È necessaria una grande consapevolezza clinica e un assetto interno solido per restare presenti senza essere assorbiti.
La co-conduzione terapeutica come risorsa
Molti di noi al Centro lavorano in co-conduzione, e questo porta una ricchezza e complessità ulteriore. Quando funziona, offre alla coppia un modello vivo di dialogo e differenza.
La co-conduzione permette anche di distribuire la fatica e accogliere momenti di impasse con maggior respiro. È una pratica clinica ed etica, fondata sulla fiducia reciproca.
Fiducia, contenimento, confini
Uno dei temi che è emerso fortemente nel confronto è quello della funzione contenitiva del setting e del terapeuta. Le coppie arrivano spesso con molta sofferenza e bisogno di contenimento. Contenere non significa trattenere, ma sostenere un campo relazionale che rischia di esplodere o implodere. Non sempre è possibile.
Serve una buona alleanza, una cornice chiara, una conduzione capace di tenere insieme le emozioni, i silenzi, le interruzioni. Serve anche il rispetto dei tempi, con la possibilità di fermarsi a pensare tra un incontro e l’altro, come avviene ad esempio quando si lavora con sedute quindicinali da 90 minuti.
Nel nostro lavoro capita spesso di fare micro-pause tra terapeuti, anche durante la seduta, per confrontarsi rapidamente. Questi momenti non sono solo tecnici, ma rappresentano uno spazio di ascolto reciproco che contribuisce a regolare il campo emotivo. Anche questo è contenimento.
I segnali che indicano che è il momento giusto
Abbiamo discusso dei criteri di indicazione e controindicazione per la terapia di coppia. Alcuni segnali che ci guidano nel dire “è il momento giusto” includono:
- Motivazione condivisa a lavorare sul legame, anche se in forme diverse.
- Possibilità di tollerare il punto di vista dell’altro.
- Disponibilità a mettersi in discussione.
Quando la terapia di coppia non è indicata
Ci sono condizioni che richiedono cautela o percorsi alternativi:
- Presenza di violenza o gravi comportamenti manipolatori.
- Spiccata asimmetria nella motivazione.
- Uso della seduta come tribunale.
In questi casi, la terapia di coppia può diventare un campo collusivo, più che uno spazio trasformativo. A volte è più terapeutico dire “no”, almeno per il momento.
Il valore della consultazione iniziale
Abbiamo condiviso quanto sia utile prevedere una fase di consultazione clinica, spesso di due o tre incontri, prima di decidere se avviare un percorso vero e proprio. In questa fase esploriamo:
- Le aspettative implicite ed esplicite.
- Il linguaggio usato per descrivere il problema.
- I tentativi fatti finora.
- I segnali di apertura o chiusura relazionale.
È importante esplicitare fin da subito che ci sarà una fase valutativa, con tempi di consultazione prima di avviare un vero percorso. Al contempo, questa fase iniziale ha già anche un valore trasformativo.
Una domanda che ci accompagna è: questa coppia ha un potenziale evolutivo, oppure l’incastro relazionale è rigido e difensivo? A volte va capito anche se, almeno in uno dei due partner, vi sia una domanda implicita di accompagnamento alla separazione, più che di rifondazione del legame.

Conclusioni aperte
La terapia di coppia non è una tecnica, è un’esperienza. Implica coraggio, apertura, e disponibilità a stare nel conflitto senza bruciarsi. Non si tratta solo di “iniziare” un percorso, ma di creare uno spazio protetto dove la coppia possa esistere come oggetto di cura.
Non tutte le coppie sono pronte, non tutti i momenti sono quelli giusti. Ma fermarsi a riflettere è già un passo importante.
Se stai pensando di iniziare una terapia di coppia, o se hai vissuto l’esperienza e vuoi condividerla, ci piacerebbe ascoltare anche il tuo punto di vista.
Centro di Psicologia Mera-Gorini | Psicoterapia, relazioni e crescita personale.