Di STEFANIA POZZI 

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(Parte 2)
PSICOFISIOLOGIA DEL SONNO E DEI SOGNI

 In questa sezione vedremo come funziona l’organismo durante il sonno ed in particolare durante la cosiddetta fase REM, nella quale prende corpo l’attività onirica propriamente detta.

Il sonno è uno stato di coscienza alterato, costituito da varie fasi, ognuna caratterizzata da specifiche forme di onde elettromagnetiche, rilevabili con un elettroencefalogramma (EEG), e da specifici correlati fisiologici, come il ritmo del battito cardiaco, il respiro e la contrazione muscolare. Durante la veglia attiva, cioè quando siamo concentrati su un compito o in uno stato di allerta, il nostro cervello viaggia su onde brevi e frequenti, definite onde “beta”. Quando siamo svegli ma in uno stato di rilassamento, senza prestare attenzione a qualcosa di particolare, le onde EEG divengono più ampie, sono le cosiddette onde “alfa”.

Durante il sonno l’organismo passa attraverso una serie di fasi fisiologicamente distinte, ognuna caratterizzata da specifiche variazioni nelle onde EEG. Il primo stadio del sonno è una transizione dalla veglia al sonno vero e proprio. Gli stadi successivi (2, 3 e 4), indicano una progressione verso un sonno sempre più profondo e vengono definiti talvolta come “sonno a onde lente”. Nello stadio 2 vediamo l’alternanza tra fasi di attività neuronale moderata e improvvise scariche di attività (i “fusi del sonno”). Nella fase 4 il sonno è molto profondo, le EEG esprimono delle onde molto ampie, denominate onde “delta” e controllate da neuroni del talamo che sincronizzano l’attività di milioni di altri neuroni corticali; il tono muscolare e la frequenza del battito cardiaco e del respiro diminuiscono.

In una notte attraversiamo le fasi 1-2-3-4 più volte, compiendo diversi “cicli” del sonno. Quando si arriva allo stadio 4, dopo circa 80-100 minuti il sonno ripercorre gli stadi 3 e 2. A questo punto, per circa 10 minuti, accade una cosa strana e affascinante: le onde cerebrali, visibili all’EEG, si desincronizzano, diventano più simili alle onde beta della veglia vigile… ma la persona non si è svegliata! Il tono muscolare in questo momento indica uno stato di rilassamento profondo, ma il ritmo del respiro e del battito cardiaco sono rapidi e irregolari; gli occhi, pur restando tendenzialmente chiusi, sotto le palpebre si muovono rapidissimi dal basso verso l’alto e da destra a sinistra. Proprio in virtù di tali movimenti oculari rapidi, questa fase del sonno è definita come sonno REM (rapid eye-movement sleep). Eccoci dentro la fase in cui sogniamo, in cui avvengono i sogni veri e propri, con le loro caratteristiche di vividezza percettiva e, talvolta, stranezza o distanza dalla vita “reale”. La fase REM dà inizio ad un nuovo ciclo del sonno. In una notte, mediamente, compiamo quattro o cinque cicli del sonno (ogni ciclo dura circa 90 minuti).

Onde dell’EEG nella veglia e nel sonno (tratto da Grey, 2004, p. 179)

PERCHÉ SOGNIAMO? A cosa serve sognare, per l’organismo?

Gli studi neurofisiologici indicano che i sogni potrebbero costituire un mero “effetto collaterale” delle scariche neurali della fase REM. Lo scopo di questa fase del sonno sarebbe quello di tenere attivo il cervello, in particolare in alcuni circuiti percettivi e motori che, se inattivi troppo a lungo, andrebbero incontro a degenerazione. E’ stato osservato che anche i mammiferi non umani e i feti nel grembo materno sperimentano la fase REM del sonno. Addirittura i feti di 30 settimane trascorrono la maggior parte del tempo in questo stato, forse proprio per facilitare lo sviluppo del cervello mentre si trovano in una condizione di relativo isolamento dagli stimoli. È verosimile che i loro sogni contengano sensazioni tattili, vestibolari, acustiche e gustative. Le mamme sanno quanto possono essere forti certi calci e pugni dei loro bambini nella pancia; questo a volte capita perché i feti non hanno ancora sviluppato il sistema inibitorio che, già alla nascita, blocca l’attività dei motoneuroni durante il sonno REM. È questo sistema inibitorio che permette ai nostri muscoli di rimanere fermi, mentre sperimentiamo le allucinazioni dei sogni. Ad ogni modo, per quanto sia verosimile che i sogni siano un derivato dell’attività neuronale, il loro contenuto è tutt’altro che casuale (Grey, 2004).

Una seconda ipotesi (che non esclude la prima) sulla funzione della fase REM del sonno dice che tale fase potrebbe svolgere un ruolo nel consolidamento della memoria, in particolare nel rafforzamento delle connessioni neurali riguardanti le esperienze recenti, quindi nella produzione di nuovi ricordi e apprendimenti.  Vari studi condotti fra gli anni ’70 e ’90 indicano che la quantità di tempo trascorso nella fase REM del sonno correla col miglioramento nelle prestazioni in vari compiti, dall’apprendimento di una lingua straniera (DeKnonick et al, 1977), al consolidamento del ricordo di storie (Fiss, 1981), fino alla prestazione in compiti di tipo percettivo, come l’individuazione di target visivi in uno sfondo confuso (Karni et al, 1994).

In terzo luogo, è stato ipotizzato che l’attività onirica possa costituire una forma di pensiero che, alla pari dell’attività mentale nella veglia, ci aiuta a organizzare i dati dell’esperienza, fino a giungere alla soluzione di problemi. Questa funzione di “problem-solving” era stata in parte già teorizzata da alcuni psicanalisti, tra i quali C. G. Jung, ed oggi risulta centrale nell’approccio relazionale e intersoggettivo, come si avrà modo di approfondire nella terza parte di questo articolo. Considerando che il cervello-mente funziona come una rete dove vari concetti sono collegati fra loro tramite associazioni, come i nodi delle reti, è stato ipotizzato che l’attivazione cerebrale riguardante gli stimoli di cui si è fatta esperienza nella veglia, durante la fase REM del sonno non rimanga confinata nelle aree associate più vicine, ma si espanda fino ai concetti associati più remoti. Questa attivazione in espansione (“spreading activation”) sarebbe uno dei meccanismi cognitivi principali sottostanti l’insight, cioè la capacità di trovare la soluzione ad un problema in modo improvviso (Ohlsson, 2011).

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Riferimenti bibliografici

Bellieni, C.V. (2004). L’alba dell’“io”. Dolore, desideri, sogno, memoria del feto. Firenze: Società Editrice Fiorentina.

Bucci, W. (1997). Psicoanalisi e scienza cognitiva. Una teoria del codice multiplo. Giovanni Fioriti Editore

Fossaghe, J., Le funzioni organizzatrici dell’attività mentale del sogno. Istituto per lo Studio Psicoanalitico della Soggettività. Roma, 9 maggio 1998

Fosshage J. (1983). The psychological function of dreams. A revised psychoanalytic perspective, Psychoanalysis and Contemporary Thought, 6, pp. 641-69

Grey, P. (2004). Psicologia (pp. 178-189). Bologna: Zanichelli

Ohlsson, S. (2011). Deep learning: How the mind overrides experience. New York: Cambridge University Press

Storolow, R.D., Brandchaft, B., Atwood, G.E, Fossaghe, J., & Lachmann, F. (2004). Psicopatologia intersoggettiva (II ed). Urbino: Quattro Venti