LA PERSONALITA’:   DI COSA SI TRATTA?

Col termine “personalità” si intende il modo abituale con cui gli individui vivono l’esperienza interiore e agiscono nel mondo. Riguarda l’interezza della persona, ossia il modo tipico di articolare l’esperienza affettiva, cognitiva e comportamentale. Potremmo dire che si tratta dello stile, unico di ciascun soggetto, con cui si affronta la vita; per tale ragione, la personalità è per definizione relativamente stabile nel tempo e nei vari contesti. 

Se sono una persona tendenzialmente suscettibile alle offese, è probabile che reagirò con rabbia e/o vergogna ogni volta che qualcuno mette in discussione le mie qualità. L’intensità della mia reazione emotiva e il modo con cui la esprimo, nonché l’accuratezza della mia valutazione rispetto alla consistenza dell’offesa subita, però, sono aspetti decisivi nel determinare se il mio tratto di personalità si configura come “normale” oppure patologico. 

Fra normalità e patologia: l’importanza della flessibilità

Tutti noi siamo portatori di tratti di personalità, ossia disposizioni ad agire e a percepire il mondo, relativamente indipendenti dal variare delle circostanze.

I tratti diventano patologici quando si perde il “relativamente”, ossia quando diventano rigidi, pervasivi, inflessibili e determinano disagio nel soggetto o nelle persone con cui entra in contatto. A volte la rigidità determina anche una compromissione del funzionamento sociale e lavorativo.  

Prendiamo l’esempio di un uomo che tenda a percepire complotti contro di sé in modo costante. Egli rischia di vivere l’inserimento in un nuovo ambiente di lavoro come una missione in guerra: guarda con sospetto ogni collega, aspettandosi di essere “preso di mira”; reagisce con ostilità e diffidenza ad un’offerta di prendere il caffè insieme, scambiando il tentativo del collega di socializzare, con un modo per manipolarlo; naturale che alla fine anche i colleghi svilupperanno percezioni ed aspettative negative che in qualche maniera “confermano” i sospetti; se poi mettiamo il caso che l’individuo in questione sia anche particolarmente incapace di trattenere i suoi impulsi, potrebbe esplodere in sceneggiate di rabbia, del tutto fuori luogo e incomprensibili per la maggior parte del team, che nel lungo termine potrebbero anche procuragli un licenziamento. 

Diverso è il caso di chi, pur avendo una tendenza a sentirsi sotto osservazione o “preso di mira”, riesca a contestualizzare i sospetti, a rivedere le proprie aspettative automatiche alla luce dei feedback disconfermanti, confrontandosi con un esame di realtà accurato e gestendo l’emotività in modo tale da consentire al pensiero di funzionare in modo coerente. Il tratto di personalità paranoico è il medesimo, ma la natura adattiva o meno, “sana” o “patologica”, è molto differente.

 

Chi si accorge del “qualche cosa che non va”?

Di solito chi è affetto da un disturbo di personalità non riconosce di avere un problema, per lo meno non lo imputa al proprio carattere; a notare la stranezza sono per lo più le altre persone con cui il soggetto si relaziona. In questo senso si dice che i disturbi di personalità siano “EGOSINTONICI”, cioè in linea con quello che, soggettivamente, è un normale modo di fare esperienza.

Un disturbo d’ansia, di contro, è sovente vissuto come “EGODISTONICO”, cioè come qualcosa che irrompe nella vita della persona in modo inatteso, di cui si vorrebbe fare a meno. Chi soffre di attacchi di panico, per esempio, sente che qualcosa di spaventoso accade dentro di sé; magari imputa il disturbo a problemi organici (es. teme di avere un attacco di cuore o di soffrire di vertigini), ma comunque riconduce il disagio al proprio interno. L’individuo con personalità patologica agisce e riflette sul mondo in maniera spesso deformata dal disturbo, ma tende a collocare l’origine delle proprie sofferenze in altre cause (ad es., “gli altri esseri umani sono inetti e non mi amano perché sono invidiosi di me”). 

 

Valutazione clinica della personalità

Nella valutazione clinica della personalità esistono storicamente approcci differenti e tra loro complementari. Da un lato vediamo i cosiddetti approcci CATEGORIALI, nei quali si cerca la corrispondenza fra le osservazioni sugli stili di pensiero, affettività e comportamento tipici del soggetto, e “categorie” definite dai tratti di personalità prototipici. Abbiamo ad esempio la personalità narcisista, evitante, dipendente, ossessiva, etc.

Dall’altro lato vi sono gli approcci DIMENSIONALI, che cercano di cogliere ciò che è unico in ciascun soggetto, osservando il modo in cui si presentano in lui una serie di dimensioni o aspetti del funzionamento mentale. Prima di individuare lo specifico tratto o insieme di tratti caratteristici, si guarda all’organizzazione della personalità, al funzionamento complessivo. In questo modo, una stessa categoria (ad es., la personalità narcisista), può collocarsi a livelli di gravità e funzionamento molto diversi tra loro.

Le principali dimensioni che si cerca di valutare sono:

  • Identità
  • Relazioni interpersonali
  • Tolleranza degli affetti
  • Regolazione emotiva, difese e coping
  • Sensibilità morale
  • Esame di realtà
  • Resilienza

Per capire meglio di cosa si tratta, vediamo alcuni esempi:

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Esempi

Identità

La persona è in grado di vedere se stessa e gli altri in modo articolato? Oppure tende a produrre rappresentazioni stereotipate, ad esempio “tutti buoni o tutti cattivi”? 
Può mantenere un senso di autostima positivo e costante, oppure basta un piccolo stress per farlo/a dubitare del proprio valore?
Il modo con cui vede se stesso/a, è accurato? Oppure sembra il frutto di una idealizzazione, o di una svalutazione eccessiva? 

Relazioni interpersonali

È capace di costruire relazioni intime, stabili e soddisfacenti? Oppure va incontro a frequenti e brusche interruzioni nei suoi legami affettivi? Sembra incapace di provare empatia e intimità emotiva con altre persone? Ha aspettative negative sugli altri che gli/le impediscono di dare fiducia? 

Tolleranza degli affetti

Riesce a fare esperienza e a percepire negli altri l’intera gamma degli affetti? Oppure tende a vivere alcune emozioni prevalenti, escludendone altri, ad esempio sembra sempre arrabbiato, deluso…? Sembra insolitamente allegro, come se non fosse in grado di entrare in contatto con un sentimento più autentico ma anche più doloroso?  
Riesce a mantenere stabilità nella sua esperienza affettiva, oppure oscilla continuamente da sentimenti positivi a negativi in modo poco coerente rispetto al contesto? 

Regolazione emotiva, difese e coping

Quando è in preda a sentimenti intensi, riesce a mantenere lucidità e consapevolezza della sua esperienza soggettivo, oppure tende a “perdere le staffe” facilmente, si dispera, compie qualche gesto impulsivo…?
Quali comportamenti mette in atto per ritrovare la calma interiore, o per gestire situazioni problematiche? Tende a intellettualizzare il disagio emotivo? Tende a imputare ad altri i propri sentimenti negativi (ad es., se prova risentimento verso qualcuno, invece di essere consapevole del proprio vissuto, tende a pensare che l’altro sia risentito verso di lui/lei)? Quando è turbato/a emotivamente, cerca rifugio isolandosi dal mondo sociale e chiudendosi in un mondo di fantasia? 
… 

Sensibilità morale

Mostra di possedere dei criteri etici interiorizzati che lo guidano nei comportamenti in modo coerente ma anche sufficientemente flessibile? Oppure sembra dominato da imperativi categorici rigidi, astratti, che suscitano sensi di colpa eccessivi? O, al contrario, pare del tutto privo di un senso di rispetto per gli altri?

Esame di realtà

La sua percezione del mondo è realistica, o ha dei tratti bizzarri, di difficile comprensione da parte della comunità culturale entro cui è inserito? È in grado di rivedere le sue posizioni se confrontato con delle evidenze che le disconfermano?

Resilienza 

Come reagisce alle situazioni di vita difficili? Si demoralizza facilmente, oppure riesce a mantenere determinazione e speranza realistica? 

 

I vantaggi di una valutazione dimensionale e le scelte terapeutiche

Sulla base di queste complesse valutazioni, il clinico esperto può formulare un parere rispetto al cosiddetto “livello di funzionamento” o di “organizzazione della personalità”, che oscilla lungo un continuum di gravità dalle forme cosiddette “sane” a quelle “nevrotiche”, fino alle organizzazioni “disregolate” e infine “psicotiche”.

A titolo di esempio, nel livello nevrotico la persona mostra delle rigidità e un limitato repertorio di strategie di regolazione emotiva, tuttavia la sua sofferenza sembra circoscritta ad un’area specifica (ad es., nel rapporto con l’autorità, ma non nei legami d’amore) e sa descrivere i problemi in modo complesso, sufficientemente attendibile. Persone con un funzionamento borderline, invece, presentano difficoltà relazionali continue e pervasive e per regolare le loro emozioni utilizzano strategie che implicano un’elevata distorsione della realtà. Il trattamento clinico che ne consegue è, ovviamente, molto diverso a seconda del livello di funzionamento e delle specifiche aree di criticità o di risorsa che ne emergono. 

Un altro aspetto meritevole dell’approccio dimensionale è che facilità il compito di individuare i punti di forza del soggetto, sui quali fare leva per sviluppare il percorso terapeutico, un’area imprescindibile per un trattamento clinico efficace. In primo luogo, le risorse costituiscono delle ancore di salvataggio che sostengono la coppia terapeuta-paziente nei momenti più difficili della terapia. In secondo luogo, aiutare i pazienti a diventare consapevoli delle aree dove funzionano bene, li motiva ad affrontare le parti di sé più fastidiose da accettare o modificare.

Nel trattare il tema della personalità bisogna comunque tenere conto che essa si manifesta in modi molto diversi a seconda della fase del ciclo di vita. Di conseguenza, lo stesso comportamento può risultare indicativo di disturbo in una fase di vita, ma non in un’altra. 

Ad esempio, se un adolescente si mostra “impulsivo”, potrebbe essere del tutto consono alla sua età: la parte del cervello deputata a calcolare le conseguenze delle proprie azioni e a inibire il comportamento (lobi prefrontali) completa la sua maturazione biologica (in particolare, il processo di mielinizzazione) solo intorno ai 20-25 anni. Un altro conto è se l’impulsività si presenta a 40 o 75 anni: nel primo caso potrebbe indicare un aspetto della personalità, nel secondo potrebbe anche sottendere un deterioramento cognitivo incipiente. Solo contestualizzando alla fase ed all’ambiente di vita, oltre che ad una raccolta di informazioni anamnestiche e diagnostiche esaustiva, è possibile attribuire un peso al comportamento ed al pensiero, nei termini della personalità.

 

Fra dimensione e categorie: alcuni spunti di riflessione

Poste tali premesse, si riporta in maniera sintetica una descrizione dei temi critici per alcune fra le categorie di personalità riconosciute nei sistemi di classificazione internazionali.

Personalità Preoccupazione principale Emozioni ricorrenti Credenze patogene Difese tipiche
Narcisistica Aumento o perdita di autostima Vergogna, disprezzo, invidia, rabbia (per essersi sentito umiliato) Devo essere perfetto (avere bellezza, ricchezza, fama, potere), che gli altri apprezzano Idealizzazione (tratta gli altri come se fossero esageratamente positivi), Svalutazione (tratta l’altro come se fosse una nullità)
Paranoide Attaccare / essere attaccato (per umiliare) Paura, rabbia, disprezzo Dipendenza e odio sono pericolosi, gli altri mi possono sfruttare, umiliare e attaccare Proiezione (attribuisco agli altri i miei sentimenti), identificazione proiettiva (agisco in modo tale che gli altri alla fine si sentono come me), diniego e formazione reattiva (se provo disprezzo, mi comporto come se ammirassi l’altro)
Masochistica (autofrustrante) Soffrire, perdere l’amore degli altri Tristezza, rabbia, senso di colpa Soffrire mi rende moralmente superiore / mi tiene vicino alle persone amate (gli altri si occupano di me solo quando sono in difficoltà) Assumere su di sé i sentimenti/punti di vista altrui; fare il moralista
Depressiva Sentirsi buoni o cattivi, in relazione o soli

Tristezza,

senso di colpa, vergogna

C’è qualcosa di cattivo o inadeguato in me; chi mi conosce mi rifiuta Rivolgere la rabbia/insoddisfazione dentro di sé, idealizzare gli altri, autosvalutarsi
Isterica (istrionica) Potere e sessualità Paura, vergogna, colpa Le persone del mio sesso hanno scarso valore, l’altro sesso è potente, eccitante ma può sfruttarmi e danneggiarmi Rimozione, regressione, sessualizzazione, agiti 
Dipendente Mantenere/perdere le relazioni e l’aiuto Piacere nel sentirsi accuditi, paura e solitudine quando ci si trova da soli Sono incapace di provvedere a me stesso, gli altri sono forti e ho bisogno delle loro cure Regressione; evitare i contesti che mettono alla prova
Ossessiva Sottomissione / ribellione verso un’autorità controllante Rabbia, paura, senso di colpa, vergogna La mia aggressività è pericolosa e va controllata;
Gli altri cercano di controllarmi e devo resistere
Intellettualizzazione, atteggiamento moralizzatore, esprimere affetti opposti a quelli davvero provati, evitare di entrare in contatto con certe emozioni
Schizoide Paura/desiderio dell’intimità (sia fisica che emotiva) Dolore emotivo quando iper-stimolati, cui reagiscono con la repressione degli affetti Dipendenza e amore sono pericolosi; rischio di sentirmi invaso Ritiro nella fantasia; repressione 

Per approfondimenti su specifici disturbi di personalità, sui criteri diagnostici, sui processi psicologici implicati, sulle ipotesi circa il loro sviluppo e sulle modalità di trattamento terapeutico, si rimanda agli articoli pubblicati su questo sito.

Riferimenti bibliografici:

American Psychiatric Association, Ed. it. Massimo Biondi (a cura di), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano: Raffaello Cortina, 2014

Lingiardi, V., & McWilliams, N.  (a cura di), Psychodynamic Diagnostic Manual: PDM-2, The Guilford Press, New York, 2017, Tr. It. Manuale Diagnostico Psicodinamico: PDM-2, Milano: Raffaello Cortina, 2018