Ritiro sociale giovanile (o sindrome “hikikomori”)

Ritiro Sociale Giovanile

Ragazzi che non vogliono crescere

Il ritiro sociale giovanile (o sindrome “hikikomori”) è un fenomeno clinico moderno, individuato per la prima volta dallo psichiatra e psicoanalista giapponese Saito Tamaki (“Ritiro Sociale – Adolescenza senza Fine”, 1998), fortemente legato, in origine, alla società giapponese e ai suoi connotati particolari.

Si tratta di adolescenti o giovani adulti che limitano in modo totale o quasi totale la loro vita sociale, scolastica e/o lavorativa, chiudendosi in casa o, talvolta, addirittura in camera propria. I contatti con il mondo esterno, quando mantenuti, avvengono solo tramite mezzi virtuali (come ad esempio videogiochi multiplayer e software per le chat).

Aumento di casi di ritiro sociale giovanile

Non si tratta, però, di un fenomeno unicamente giapponese. Negli ultimi dieci-quindici anni, il numero di famiglie occidentali (e dunque anche italiane) con almeno un ragazzo o una ragazza in ritiro sociale è aumentato costantemente. Del resto, la sindrome “hikikomori” si connette in modo significativo con la cultura del profitto e della prestazione tipica della nostra società, con i suoi ritmi frenetici, i suoi tempi e i suoi rituali. La sindrome riflette anche la crescente diffusione dei videogiochi e della tecnologia fin nelle primissime fasi della vita degli individui (per identificare i giovani e i giovanissimi talvolta si parla, non a caso, di “nativi digitali”), pur non essendo completamente spiegata da essa.

Va menzionato, del resto, che l’anno 2020, con la tragedia della pandemia da COVID-19 e con le conseguenti limitazioni degli spostamenti e della vita sociale e scolastica, sostituite dai necessari surrogati virtuali (come la DAD, la “Didattica a Distanza”) ha reso ancora più saliente la problematica, estendendola anche a nuclei familiari che probabilmente non ne sarebbero stati affetti in altre condizioni.

Ma come è fatta questa sindrome? E come è possibile individuarla sul nascere e, eventualmente, trattarla dal punto di vista psicoterapeutico?
Proviamo a rispondere a queste domande.

 La sintomatologia del ritiro sociale giovanile

Gli elementi più tipici della “sindrome hikikomori” sono:

  • La netta prevalenza del genere maschile.
  • La presenza, in una grande maggioranza dei casi, di ottime capacità intellettive e talvolta anche relazionali in infanzia.
  • L’età di esordio in adolescenza (tipicamente durante le scuole medie, talvolta durante o perfino al termine delle superiori).
  • Nella maggioranza dei casi, la presenza di forti vissuti negativi verso la scuola.
  • A livello sintomatologico, si possono individuare, schematizzando, tre fasi (tra la prima e la terza fase, possono passare anche diversi anni):

Le diverse fasi:

  1. Nella fase iniziale si hanno di solito manifestazioni generiche e piuttosto tipiche dell’adolescenza, quali: insonnia, difficoltà relazionali con i coetanei, crisi d’ansia relative alle situazioni sociali meno prevedibili o in cui è richiesta una prestazione (essere interrogati, andare a una festa).
  2. In una fase successiva, quando cioè il ragazzo ha già ridotto di molto la sua vita sociale, compaiono atteggiamenti infantili, inadeguati all’età, disturbi del pensiero (ad es. ostinarsi in modo eccessivo su episodi o dettagli della vita relazionale che appaiono agli altri poco significativi) e disturbi alimentari lievi. In questa fase, l’adolescente ritirato inizia a concentrarsi in modo esclusivo su un’attività particolare (spesso, ma non sempre, connessa al gioco online) e a invertire i ritmi sonno-veglia (cioè a star sveglio la notte e a dormire di giorno).
  3. In una terza fase, quando il ritiro è ormai completo, compaiono vere e proprie ossessioni e, nei casi peggiori, un atteggiamento dispotico e frequenti agiti violenti nei confronti dei familiari.

Come riconoscere un hikikomori? 

Si tratta, come si può vedere, di una sindrome piuttosto caratterizzata, eppure insidiosa e di difficile individuazione, con diversi quadri patologici a cui essa può essere, almeno parzialmente, sovrapposta. Questa difficoltà non è soltanto rilevante per gli psicoterapeuti o per le neuropsichiatrie infantili, ma anche, anzi soprattutto, per le famiglie e per le scuole, che possono trovarsi di fronte al doppio rischio dell’eccessivo allarme e del “falso positivo” (ovvero appiccicare l’etichetta di “hikikomori” a ragazzi con difficoltà relazionali generiche e/o di altro genere) e della risposta tardiva o del fraintendimento (cioè attribuire a difetti di motivazione o ad altri meccanismi ciò che è in realtà un derivato del ritiro sociale).

Il comportamento di un ragazzo di dodici o quattordici anni (ma anche sedici o venti) che si isola e si chiude in sé stesso, che conduce un’esistenza quasi monacale, dedicandosi in modo esclusivo ad alcune attività, trascurando amicizia, sentimenti e ogni altro interesse e che sembra non aver alcun desiderio se non quello di esser lasciato in pace e di farsi viziare come un bambino è talmente sconcertante, ma insieme tanto diffuso (soprattutto, lo ripetiamo, in tempi recenti) che è quasi inevitabile che le risposte siano disordinate, frenetiche, che i consulti agli specialisti o presunti tali si moltiplichino e che gli stessi professionisti siano portati, a seconda della loro sensibilità e formazione, ad adottare atteggiamenti anche molto diversi tra loro, aumentando la confusione delle famiglie.

 

Ritiro giovanile

Sindrome hikikomori

La “sindrome hikikomori”, del resto, non esiste ancora come diagnosi ufficiale nei manuali di psicopatologia, mentre esistono categorie ben più definite, quali la sindrome di Asperger, la depressione, la psicosi, ma anche la dipendenza da videogiochi, che possono spiegare in modo abbastanza adeguato un comportamento di ritiro e che quindi vengono scelte come alternative e seguite, a volte con risultati controproducenti.

Tuttavia, il lavoro con i ragazzi ritirati e con le loro famiglie e l’attenzione particolare che il Centro Mera Gorini riserva sempre alla relazione come primo motore di ogni percorso (esistenziale o terapeutico che sia), ci permette di operare distinzioni più fini e di proporre alcune sottolineature.

Sindrome di Asperger

La sindrome di Asperger, ad esempio, si differenzia dal fenomeno del ritiro sociale perché ha un esordio molto più precoce. Talvolta, un “hikikomori” può mostrare tratti riconducibili all’Asperger, ma in lui questi tratti sono apparsi o si sono molto aggravati con l’adolescenza, mentre ci si aspetta che un individuo con un disturbo del cosiddetto “spettro autistico” (come dovrebbero essere gli “Asperger”) è distaccato e/o intollerante rispetto ai coetanei fin da bambino.

La psicosi

La psicosi, invece, ha un esordio adolescenziale, ma solitamente più rapido e, comunque, dopo un primo periodo di chiusura, nel giovane psicotico appaiono purtroppo idee e angosce deliranti e una compromissione più profonda delle capacità relazionali (in altri termini, il giovane che ha un crollo psicotico ha un comportamento molto più bizzarro, vistoso e preoccupante di un “hikikomori”).

La depressione

Un discorso più complesso va fatto riguardo alla depressione. Vi sono parecchie aree di sovrapposizione, effettivamente, tra un adolescente depresso (ammesso che si possa utilizzare la diagnosi di depressione in età giovanile) e un adolescente in ritiro. Bassa autostima, insonnia, scoppi di rabbia, crisi di pianto, rinuncia alla vita sociale sono caratteristiche comuni ad entrambi i fenomeni. Nel ritiro sociale, però il ragazzo conserva delle aree in cui è molto attivo ed efficace, tipicamente i videogiochi (ma può capitare che un “hikikomori” sia ossessionato dallo studio, dall’informatica, dalla lettura, da uno strumento musicale, ecc…).

Infatti, i farmaci antidepressivi hanno solitamente poco successo con un ragazzo in ritiro, il quale, del resto, sembra soffrire anzitutto per l’ansia, per la vergogna e per la paura del fallimento e la sua scelta di chiudersi in casa appare attiva, deliberata.  Più un “non voglio vedere nessuno” che un “non riesco ad alzarmi dal letto”.

In effetti, il ragazzo “hikikomori”, proprio perché viene da un’infanzia in cui era molto brillante e perché conserva aree in cui ancora lo è, può dare l’impressione di “fare apposta”. Proprio a tal proposito, è importante rimarcare che la sindrome del ritiro sociale non equivale all’essere “drogati di videogiochi”, o irrimediabilmente “svogliati”, molli, senza carattere.

Se infatti psicologi e/o psichiatri possono sovrapporre il ritiro sociale alla psicosi, alla depressione o alla sindrome di Asperger, è più frequente che i familiari di un “hikikomori” si spieghino i suoi comportamenti con il potere ipnotico e immaginifico dei videogiochi o con la poca voglia di studiare.

Rispetto al primo fenomeno, è importante essere chiari: malgrado sia un dato di fatto che i videogiochi attuali siano abbastanza eccitanti e stimolanti da produrre dinamiche di dipendenza simili a quelle ingenerate da sostanze psicotrope quali alcolici, cannabinoidi e così via, essi sono talmente diffusi in tutta la popolazione giovanile da rendere improbabile che essi siano l’unica causa di una sindrome specifica come quella “hikikomori” (perché altrimenti tutti i giovani sarebbero ritirati!). Va considerato anche l’industria videoludica negli ultimi anni si è sempre più diretta verso la fruizione online e dunque il gioco non è più, per nessuno, semplicemente un oggetto che si acquista e che si consuma in solitudine (come un puzzle o un libro), ma è diventato lo strumento di una socialità virtuale e alternativa.

Esiste, è vero, un modo più sano e uno più compulsivo di approcciarsi a questo universo ed è un fatto che gli hikikomori scelgano, per una serie di motivi che sarebbe difficile riassumere qui, quasi sempre quello compulsivo, ma non sono gli unici a farlo e non è “colpa” dei giochi se l’hikikomori finisce per ritirarsi.

Discorso a parte va fatto per il disagio scolastico e per la “svogliatezza”, che spesso è connessa a una cattiva scelta o a un ripensamento del proprio percorso di studi (o a brutte esperienze con i docenti/con i compagni). Queste problematiche, ancor più in regime di Didattica A Distanza, possono certamente indurre un distacco e una alienazione che si esprimono (anche) con la rinuncia alla vita sociale, ma è importante tenere presente che un ragazzo in ritiro sociale è bloccato da dinamiche relazionali, angosce e insicurezze che non originano a scuola e che semmai la scuola rende solo più evidenti.

Pertanto, purtroppo, il ritiro sociale di un giovane “hikikomori” raramente si risolve cambiandogli scuola o classe, oppure ricominciando i corsi in presenza (né, del resto, sgridandolo per la svogliatezza o costringendolo a prendere lezioni private).

La terapia per trattare il ritiro sociale giovanile

Quest’ultima notazione ci permette di affrontare il tema della terapia della sindrome “hikikomori” o, perlomeno, del modo in cui essa viene condotta presso il nostro Centro.

Da dove partire? La scuola, certamente, va considerata un contesto molto rilevante per tutti gli adolescenti, così come il gruppo dei coetanei e non bisogna escludere a priori che il ritiro sia aggravato da delusioni, bullismo, maltrattamenti o addirittura abusi subiti fuori dalle mura domestiche. Questi elementi possono essere affrontati in modo concreto e pragmatico, ma, se il ritiro non si risolve, alla scuola resta solo il ruolo, fondamentale, di rilevare il fenomeno e di aiutare il ragazzo e la sua famiglia a esserne consapevoli e a richiedere aiuto. Infatti, l’esordio lento e graduale della sindrome “hikikomori”, insieme alla mancanza di informazioni accurate riguardo alle sue caratteristiche, fa sì che troppo spesso i ragazzi e le loro famiglie giungano nello studio di uno psicoterapeuta quando ormai il ritiro stesso prosegue da molti mesi o perfino da anni e questo, ovviamente, rende molto più difficili gli interventi.

 

Problemi giovanili

Ritiro sociale giovanile e famiglia

Detto ciò, a nostro parere, il contesto in cui il ritiro sociale giovanile può e dovrebbe essere affrontato è lo stesso in cui il ritiro si è originato, ovvero la famiglia. Non si tratta di attribuire colpe e nemmeno responsabilità. Anzi, i genitori degli “hikikomori” sono spesso genitori attenti, fin troppo inclini ad attribuirsi responsabilità e a sentirsi in errore e non è vero che un “hikikomori” proviene per forza da una famiglia ossessionata dalla prestazione o dal successo.

Tuttavia, il tema delle aspettative degli altri è solitamente molto importante in un giovane in ritiro, così come quello della lealtà verso i familiari e del proprio ruolo come “unica risorsa” del nucleo e come “salvatore” di un contesto in sofferenza.

La nostra convinzione è che questi meccanismi non possano essere adeguatamente inquadrati da una psicoterapia che si concentri sul solo adolescente ritirato, che, peraltro, spesso si è chiuso in casa dopo mesi o anni di tentativi di auto-medicazione, spesso non visti perché effettuati nasconendo a tutti i costi la propria vulnerabilità e la propria sofferenza. Se quindi lo/la psicoterapeuta si presenta mettendo pressione e attenzione esclusiva sul ragazzo, è facile sia vissuto come un fattore di stress e, come tale, sia respinto.

Un percorso familiare, graduale e atipico

La terapia del ritiro sociale proposta dal Centro Mera Gorini ha dunque le caratteristiche di un percorso FAMILIARE, GRADUALE e ATIPICO.

Familiare, perché i colloqui con i genitori (e/o con i fratelli e le sorelle) ne sono parte integrante, soprattutto nelle fasi iniziali, e costituiscono un occasione per ripensare al modo in cui l’intero nucleo si racconta la propria storia.

Graduale, perché lento, paziente, ritagliato sulle misure del ragazzo in ritiro e sui suoi tempi.

Infine atipico, perché un “hikikomori” può essere bloccato dalla sua ansia e dalla sua vergogna e per entrare in contatto con lui a volte sono necessari cambi di codice e di contesto (sedute domiciliari, sedute virtuali tramite Skype, colloqui sporadici, brevi, via mail o in chat).

Queste tre caratteristiche non garantiscono l’esito (si tenga presente che il ritiro sociale è una sindrome piuttosto grave e che viene rilevata, come già menzionato, a volte molto tardi), ma offrono una possibilità: quella di rimettere a disposizione di questi ragazzi le indubbie doti intellettive, emotive, creative, relazionali che nella loro prima giovinezza hanno mostrato.

 

Referente dell’area dedicata al ritiro sociale giovanile:

Dott. Giulio Corrado, psicologo-psicoterapeuta sistemico-familiare 

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